“Covid dono di Allah”, così l’italiano che incitava alla Jihad

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“Il Covid è stato un dono di Allah”. E ancora: “Avanza fratello, avanza verso la morte, tu che sei coraggioso. Vieni e indossa una carica esplosiva, accorri ed esplodi, così la morte è migliore ed è migliore il destino”. Così scriveva Ni.F. per fare propaganda della Jihad sui social e indottrinare i più soggetti più giovani e fragili. Il 38enne italiano, originario di Canosa di Puglia e residente a Milano, ‘Issa’ come aveva scelto di farsi chiamare, era un radicalizzatore islamico, che dal 2015 ad oggi si è impegnato nel diffondere il credo propugnato dall’autoproclamato Stato Islamico, esaltandone le gesta in chiave apologetica e istigando i propri interlocutori a unirsi al jihad globale contro i ‘miscredenti’.

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Nel corso della notte i carabinieri del Ros e del Comando Provinciale di Milano hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei suoi confronti ed è indagato per “istigazione a delinquere aggravata dall’uso del mezzo telematico” con l’aggravante della finalità di terrorismo internazionale. Il giovane, nato il 12 maggio 1982, era “uno degli esponenti più capaci” della Jihad. L’uomo, che svolgeva lavori saltuari e part-time presso sale giochi e un parcheggio a pagamento di Milano, secondo quanto riferito dal pm Alberto Nobili, che ha lavorato all’inchiesta con i colleghi Piero Basilone e Leonardo Lesti, “sapeva muoversi con abilità straordinaria nel mondo del web, in particolare su Facebook e su SoundCloud” ed è una persona “capace di trasmettere soprattutto ai giovani quei messaggi che l’Isis da anni tende a divulgare per far sì che chiunque se la senta, uomo o donna che sia”, possa qualcosa, anche solo, come dicono ‘far uscire un coltello e sgozzarne uno'”.

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Nei suoi post, inoltre, il 38enne utilizzava un linguaggio “crudele e feroce”, da anni usato dall’Isis per incitare i propri seguaci a compiere atti di terrorismo. Parole come “sgozzare, tagliare la testa, sparare ai miscredenti”. Sui social, e in particolare su Facebook, dove vantava circa 2mila follower, il giovane diffondeva tantissime immagini di martiri Isis e “tantissime” foto di bambini dell’ambiente islamico morti, quasi come stimolo per sensibilizzare i giovani al martirio.

Il 38enne stava organizzando il suo matrimonio con una donna conosciuta durante uno dei suoi viaggi all’estero. La donna sarebbe dovuta arrivare in Italia a breve per le nozze. Il giovane, inoltre, stava studiando l’arabo. I post che pubblicava su Facebook erano prevalentemente in italiano mentre alcuni, in arabo, li recuperava e rilanciava. Durante le perquisizioni nel suo appartamento gli uomini del Ros hanno sequestrati telefonini, tablet e diversi hard disk.

Il cambiamento radicale di N.F. si era verificato a cavallo tra il 2018 e il 2019 quando, per 9 mesi non consecutivi, si è recato due volte in Qatar e una negli Emirati Arabi. Sul motivo dei viaggi i Ros stanno svolgendo accertamenti ma stando a quando emerso il giovane aveva intenzione di approfondire il suo indottrinamento e voleva raggiungere l’Afghanistan.

Nelle sue intenzioni l’uomo cercava infatti di abbracciare in maniera radicale la fede religiosa. Ed è qui che nasce la sua potenzialità offensiva. Nell’ambiente il 38enne era un personaggio molto conosciuto, “di assoluto rilievo”, come confermato dalle indagini dai Ros milanesi. I personaggi che incontrava frequentemente a Milano nel centro di preghiera erano giovani, anche italiani, che iniziavano un percorso probabilmente simile al suo ed erano quindi facilmente influenzabili.

il 38enne si era inoltre convinto di dover applicare la taqyya ossia dissimulare, a partire dal cambio frequente di vestiti. Un elemento che secondo gli investigatori però appare in dissonanza con la pubblicazione frequente di post inneggianti alla Jihad su Facebook. Da un lato dissimulava quindi il proprio estremismo, dall’altro appariva parte di quella stessa ideologia.

Di rientro dal Qatar, inoltre, il giovane aveva disinstallato l’app di SoundCloud dal cellulare per poi installarla nuovamente. Secondo quanto spiegato, nel corso degli anni, Facebook non sarebbe mai intervenuta per segnalare o bloccare i post del 38enne. (Adnkronos)

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